Abbandonati nella tempesta by Nick Ward & Sinéad O'Brien

Abbandonati nella tempesta by Nick Ward & Sinéad O'Brien

autore:Nick Ward & Sinéad O'Brien [Ward, Nick & O'Brien, Sinéad]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fastnet, tempesta, naufragio, regata, barca a vela, Grimalkin
editore: Nutrimenti
pubblicato: 2022-07-13T22:00:00+00:00


Vivi o morti?

Mi facevano male tutti i muscoli e tutti i tendini, e il dolore era atroce. Non c’erano segnali che la ferocia della tempesta potesse diminuire, il frastuono e le onde proseguivano incessanti, mi flagellavano e mi respingevano sempre più verso il basso, in un angolo del pozzetto. Avevo bisogno di un intervallo, di una pausa per poter raccogliere le idee e le forze, per schiarirmi la mente. La mia più grande preoccupazione era legata alla quantità d’acqua che avevamo imbarcato. L’avevo vista con i miei occhi: sarebbe bastata un’altra violenta combinazione di vento e onde associata al movimento dell’acqua che avevamo imbarcato per farci colare a picco.

Forse avrei potuto avventurarmi sul ponte lasciando il pozzetto, per verificare di quanto fosse cambiata la nostra linea di galleggiamento e stabilire l’immediatezza del rischio di affondare.

In ginocchio, allungai un braccio e afferrai un candeliere; poi lentamente, con cautela e mantenendo salda la presa, spinsi la testa in avanti contro la furia del vento. Non riuscivo a vedere nulla, la pioggia e la grandine rimbalzavano sulla coperta creando un muro pungente e impenetrabile. Grandi cristalli di ghiaccio schizzavano sulla coperta e sugli oblò e mi sferzavano il viso. Avanzai ancora e con tutte le mie forze mi aggrappai al candeliere successivo. La draglia stretta attorno allo stomaco mi faceva male, ma riuscii comunque a sporgermi a sufficienza per verificare la linea di galleggiamento. Rapidamente mi resi conto che quella che vedevo non era la superficie effettiva del mare, e quindi non era la linea di galleggiamento. La spuma creata dalle onde e dai chicchi di grandine che si infrangevano contro lo scafo mi impediva di vedere la linea effettiva.

Frustrato, mi spinsi fino al candeliere successivo, un metro più avanti. Riuscivo quasi a raggiungerlo, ma la rotaia soprelevata del genoa mi impediva una presa sicura. La cosa si stava facendo seriamente difficile. Mi affidai alla cintura di sicurezza, afferrai il candeliere e mi sporsi ancora. I sospetti vennero confermati. Come avevo riscontrato sottocoperta, la linea di galleggiamento del Grimalkin era più alta del normale di circa sessanta centimetri. La barca era talmente immersa che solo una piccola parte dell’opera viva era visibile e il nome scritto a mano sulla fiancata, in lettere blu, si leggeva a malapena. Non avevo bisogno di altri elementi per poter affermare che la barca poteva colare a picco da un momento all’altro. Sarebbe bastata un’altra onda impazzita per segnare la nostra fine. Profondamente scioccato da quella scoperta e dalla visione del nome della barca sommerso per metà, lasciai la presa e scivolai, mentre il Grimalkin precipitava violentemente in un cavo d’onda. Fui proiettato verso l’alto e poi spinto violentemente verso il basso finendo contro la battagliola. L’intera forza dell’impatto si scaricò sul mio torace. Per un istante rimasi in bilico, rischiando di finire fuoribordo a testa in avanti. Poco prima di rotolare in mare ero riuscito ad afferrare le draglie ai miei fianchi; con il cuore in gola riuscii a seguire lo steso percorso a ritroso e tornare



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